Diventare artigiani della bicicletta può essere l’idea per una startup giovane oppure, come quelli di cui leggerete nelle prossime righe, l’arrivo di una carriera passata altrove.
Giò Pozzo di professione faceva il giornalista, e un po’ continua a farlo, non fosse altro per promuovere la sua nuova attività. Adriano Maccarana era abituato a lavorare con macchine per trasformare le cose. Insieme hanno aperto una piccola bottega a Milano, zona Garibaldi, quella sempre più tirata a lucido per l’Expo. Loro tirano a lucido le cromature delle biciclette che costruiscono a marchio Orco Cicli.
«Il nome deriva da come mi chiamavano quando lavoravo in officina – dice Maccarana – a volte ero un po’ brusco». Oggi ci ripensa e ride, ha cambiato modo di vedere sicuramente le cose da quando si è messo a fare biciclette. Hanno un altro socio che costruisce i telai. Non lì, in via Pastrengo 7, dove pure hanno delle bombole (vuote) tanto per dire agli avventori che quei telai mica arrivano da chissà dove. Le biciclette sono praticamente tutte da città, più o meno “cattive”, ma con lo stile che si riconosce. Ammucchiate su una parete della piccola bottega dove, però, c’è spazio per tutto, compresi i ricordi di un piccolo Pozzo, appena bambino, già alle prese con una bicicletta da aggiustare.
Lavorano l’acciaio e gli danno la forma e lo stile adatto alla città, a ognuno il suo, perché le biciclette artigianali sono tutte diverse una dall’altra e chi le va a ordinare sa che non la troverà già pronta, ma dovrà discuterne caratteristiche e montaggio. Acciaio, perché nelle vie di città è il materiale migliore, a Milano, poi, la fissa ci sta pure bene perché di salite, in pratica, non ce n’è. Ultimamente, poi, stanno sperimentando anche altro. Con il marchio Vrum Bike, stanno preparando delle biciclette a pedalata assistita. Il sistema è quello di Zehus che fornisce propulsione e si ricarica da solo quando si contropedala azionando il freno. E il tutto si comanda dallo smartphone (c’è un’app apposita) senza rovinare l’estetica della bici con fili in più (il collegamento è via bluetooth). Biciclette fisse di qualsiasi forma, anche pieghevoli purché in acciaio che qui di fibra di carbonio neanche a parlarne. E in effetti, più belle di così non potrebbero venire. Le loro sono biciclette costruite come una volta. Tanto che ci hanno fatto pure un libro. “La macchina perfetta” è il titolo. E descrive la bicicletta d’acciaio con i componenti che li monti una volta e poi te ne dimentichi o quasi. Al massimo una regolatina ogni tanto, giusto per contrastare le vibrazioni di città.